Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     Lo svolgimento entra più nel tecnico, a proposito della sterlina e della crisi, monetaria nell'aspetto contingente ed economica in quello permanente, affontata a scoppio ritardato. Gli sbocchi sono due, “uno benefico, obbligando i paesi europei a soluzioni concordate, sia monetarie sia commerciali: decisivo per l'avvenire dell'Europa, perché la necessità di un primo governo economico avrebbe necessariamente portato a forme di governo politico comune” mentre l'altro è quello del “si salvi chi può”.
     “Si diceva quindi tra noi, pensierosi, “Strasburgo è andata bene, ma non basta ancora a far l'Europa”, che scoppia la tempesta. Bevin e Cripps – così antieuropei che Stalin ci guadagna al confronto – corrono a Washington”, facendo in modo che Stati Uniti ed Inghilterra decidono nel proprio interesse mentre la carestia di dollari è generale, “Solo la Francia è intervenuta a difender con sé stessa l'Europa”. Tre sono le conclusioni: l'asse della politica americana inclina sul sistema politico ed economico britannico (osserviamo con il detto “piatto ricco mi ci ficco”), né la possibilità di una negoziazione con un fronte europeo entra in linea di conto; la tegola i nostri paesi se la son tirata in testa con un anno e passa di litigi all'OECE, avendo perso l'occasione di far mutare prospettiva al governo americano; l'Inghilterra la scelta la fatta, preferendo lo Sterlingwealth all'Europa. “Ma proprio essa ha la prima responsabilità di questa carenza europea” con la “sua costante e distruttiva opposizione ad ogni serio tentativo europeo”, non solo, ora ha aggravato la scelta, “adottando non il tasso di cambio al quale potessero meno disagevolmente adattarsi le altre economie europee” ... “Un tasso d'inimicizia. Una dichiarazione di guerra economica”.