Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     Nel paragrafo successivo esprime tutta la propria amarezza: “Se potessi farei un'interpellanza non a Pella e Sforza, poveretti, ma a Hoffmann ed Harriman”, solo dopo ci si sarebbe potuti consolare a Venezia “con le bellezze dell' Idea Europea”. Occorre raddrizzare la barca. “Tira vento di fronda nelle capitali europee contro Londra. Si parla di intese, prima monetaria e poi economica Francia-Italia-Benelux”. Ottima cosa, potendo “condurre ad una organica intesa politica”. Ricorda che “Strasburgo aveva giudiziosamente chiesto la pronta convocazione di una conferenza monetaria ed economica tra Washington e il Consiglio dei paesi Europei. Parigi e Roma dovrebbero insistere e sollecitare” che si tenga al più presto “una sessione speciale dell'Assemblea europea, la pressione e l'appoggio che essa può dare non sono indifferenti”. Occorre tuttavia continuare a trattare con la Gran Bretagna, essendo politicamente ed economicamente necessaria alla Federazione europea: Washinton non ha detto l'ultima parola, “l'indirizzo generale della sua politica europea è ancora fluido, la Gran Bretagna può esser condotta a risolvere il problema della sua doppia allegeance verso il Commonwealth e verso l'Europa”.
     Affronta quindi il tema caldo, scottante, poiché l' “integrazione della Germania nel sistema europeo occidentale è l'arma di pressione per decidere Londra e con essa Washington, e dopo di essa Mosca, a riconoscere un altro centro, un altro asse della politica e della economia mondiale”.