Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     “In quest'ordine di idee siano tutti, credo, a cominciare dai dirigenti della Sezione romana del Movimento federalista europeo, benemeriti organizzatori di questa riunione. Ed è proprio questo spirito e proposito di concretezza che m'induce a rivolgere uno stringente appello a quanti credono nella giustezza della nostra idea e condividono la nostra ansia a sentire il dovere di prender posizione, ad unire le forze, a raccogliersi nelle fila di questo Movimento. Che è Movimento, non accademia declamatoria; movimento d'idee, non strumento di gloriole personali. Se non fossimo sicuri del contrario né io, né molti di voi certamente vi staremmo.
     “Nessuno degli oratori, io credo, illustrerà le difficoltà straordinarie del processo di unificazione che vogliamo promuovere. Non è loro compito. Lasciate dire a me che nessuno di noi se le dissimula. Non si tratta di federare il Texas e New York. Troppi secoli di ossificazione storica, di glorie e di muffe, di ira e di gelosia gravano sulle nazioni che compongono questa nostra gloriosa e stracciona famiglia europea. E quel cimitero alle nostre spalle di errori e di delusioni, di generose iniziative, regolarmente silurate con tutti gli onori della miopia nazionalista dei governi. L'ultima e ben dimostrativa esperienza l'abbiamo avuta recentemente a Parigi, quando 16 nazioni invitate ad elaborare un piano di ricostruzione europea non seppero uscire dal “particolare” - di guicciardiana memoria e monito – dei propri guai ed interessi. Ci volle un brusco richiamo americano per indurle ad alcune pie affermazioni di principio. Nessuna delegazione – nemmeno, direi, quella italiana – era sul piano dell'affare comune che richiede per il vantaggio comune il coraggio di concessioni reciproche. Perdurando questo indirizzo, le trattative di unioni doganali, come quella italo-francese, si risolveranno in prese in giro.