Carlo Piola Caselli
L'Unificazione Europea. Dalla leggenda alla realtà


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     Una sindrome antieuropea affiorava nel sognare felici mondi diversi, tra il reale e l’immaginario, lontani dagli intrighi delle corti e da guerre fratricide.
     Non erano viaggiatori, marinai, esploratori, a tessere questo nuovo genere letterario, ma gli idealisti, a tavolino.
     Abbiamo così da una parte gli utopisti, come Tommaso Mòro e Tommaso Campanella, e dall’altra gli idealisti, i quali hanno avuto un grande “progenitore” in Tacito, quando ha descritti i puri Germani contrapposti alla corruzione romana.
     Ecco delinearsi, in contemporanea, una grande battaglia culturale, che va dal ‘500 al ‘700, contro istituzioni e princìpi del vecchio regime. Questa è la via che ci porterà, come vedremo, al concetto di lega o di federazione europea, di un supremo tribunale arbitrale per evitare i conflitti, vagheggiando un nuovo “paradiso terrestre” ed un’Europa senza guerre.
     Erasmo da Rotterdam non profferiva la parola “Europa”, anche se ne faceva una eccellente disamina quando, ospite di Tommaso Mòro, scriveva l’Elogio della pazzia (1509), la quale compariva dinanzi ad un vasto uditorio di popoli ad incensarsi, soprattutto nei riguardi dell’amore, delle guerre e delle ricchezze.
     Con la sua Utopia (1515-16) Tommaso Mòro si faceva interprete di una libertà di pensiero assertrice di una società fraterna, razionale, pacifica, tollerante, che pervadeva numerosi intellettuali europei.
     Nel 1556 veniva pubblicata postuma, di Pierfrancesco Giambullari, Dell’Istorie dell’Europa, relativa agli anni 887-947.