Carlo Piola Caselli
L'Unificazione Europea. Dalla leggenda alla realtà


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     L’esistenzialista Kierkegaard voleva che si scrivesse “il solitario” nella sua tomba, in un’atmosfera in cui “tutta l’Europa” si perdeva “in problemi mondani che non sarebbero stati risolti se non dal divino”.
     A metà dell’800 le dottrine di Adamo Smith (1723-90) sulla libertà di commercio internazionale avevan conquistato tutta l’Europa: Napoleone III, Cobden, Michel Chevalier, agevolavano la breve esperienza del liberoscambio del 1860 ma presto con Bismark, annettendo Alsazia e Lorena (1870) e trionfando il protezionismo, avrebbe avuto fine ogni sogno.
     Intanto si dissolveva anche la “Giovine Europa”, malgrado che Garibaldi ne presiedesse un congresso (1867).
     Victor Hugo continuava ad essere il più grande lirico dell’ideale europeo e nel suo articolo per salutare l’Esposizione Universale di Parigi del 1867 sublimava un’Europa moderna, esordendo con le parole “Che l’Europa sia la benvenuta. Che entri a casa sua. Che prenda possesso di questa Parigi che le appartiene ed alla quale appartiene”… “Come Atene è divenuta la Grecia, come Roma è divenuta la cristianità, tu Francia sei il mondo”; sarà lui ad operare la metamorfosi degli ideali del 1848 in un europeismo ed in un mondialismo sublimi, divenendo il profeta più esaltato dell’unione europea, anche se andrebbe depurata dall’ambiguità nazionalistica: “Questa nazione avrà per capitale Parigi, e non si chiamerà Francia, ma Europa. Si chiamerà l’Europa del XX secolo e, nei secoli seguenti, più trasfigurata ancora, si chiamerà l’Umanità”… “Ma ciò a cui assiste il XIX secolo è la formazione dell’Europa”.