Carlo Piola Caselli
L'Unificazione Europea. Dalla leggenda alla realtà


Pagina 53 di 155       

%


     Giuseppe Ferrari, seguace di Proudhon e di Cattaneo, si anteponeva a Mazzini per l’ossessivo unitarismo, che diveniva ineluttabilmente una soluzione monarchica, come infatti è stato in Italia, convinto che il semplice decentramento amministrativo a nulla servisse.
     Anche Giovanni Bovio asseriva: “L’unità è monarchia, la sola federazione è repubblicana”; è autore della Dottrina dei Partiti in Europa (1886).
     Per Giuseppe Montanelli l’universalismo cristiano ha contribuito a formare uno spirito unitario europeo ed a mantenerlo nei secoli: già secondo San Paolo per il cristiano non vi è barbaro né sciita né giudeo, greco o romano, ma vi è la concezione finalistica cristiana del mondo.
     Per Antonio Rosmini il principio dell’unità europea era manifestazione di civiltà e di storia ad opera del cristianesimo: falliti i tentativi di unificazioni egemoniche, la convivenza degli Stati Uniti d’Europa poteva fondarsi sulla moralità dell’azione nei rapporti internazionali.
     

Il 1848

     Lamartine, ministro degli esteri rivoluzionario (1848), scriveva un Manifesto alle Potenze per rassicurare l’Europa, condensante l’idea dell’armonia tra le nazioni a beneficio dell’insieme europeo.
     Anche lo storico Michelet esaltava l’intima armonia che doveva unire tutte le parti d’Europa e tutti i patriottismi, compreso il suo verso la Francia!
     L’Europa delle monarchie sembrava cedere il passo all’Europa di Mazzini e di Lajos Kossuth.
     Un accenno all’Europa era infatti di Kossuth, il capo della rivolta ungherese del 1848, mentre Petofi, poeta soldato, componeva il Silenzio dell’Europa: “L’Europa tace … onta a questa Europa silenziosa … o Magiaro! Tu solo continui a combattere”. Anche i poemi polacchi, come quello di Mickewicz, eran densi di analogo lirismo pessimista.