Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     L'altro reca come titolo Il problema dell'Europa Unita. Leoni esordisce manifestando il massimo compiacimento che il proprio recente articolo sul problema finanziario abbia attirato l'interesse dell'ex presidente del consiglio Ferruccio Parri il quale ha espresso su queste stesse colonne l'augurio che le sue garbate critiche possano suscitare una discussione feconda. Poi entra nel vivo della discussione. “Comprendiamo di aver toccato un tasto che all'on. Parri, federalista ed europeista convinto, sta molto a cuore”, ma anche a noi, precisa Leoni, che la vorrebbe a tipo federale, non la “sopraffazione di alcuno stato”, purtroppo però in politica come in economia non è sempre valido il detto “volere è potere”, essendo il percorso pieno di ostacoli, da qui l'aver espresso alcuni dubbi sulla pronta attuabilità, ma deve rimaner ben distinta dal nostro desiderio di superar le difficoltà. Parri ha attribuito a Leoni uno scetticismo dogmatico, mentre deve esser considerato alla maniera di Cartesio, come la necessaria premessa per chiarire ed approfondire metodicamente il problema, che andrebbe impostato così: “l'unione europea si dovrebbe fare: vediamo dunque se si può fare”, a condizione di mettere però in evidenza tutte le difficoltà che vi si oppongono, malgrado le buone intenzioni di molti.
     Leoni conviene circa la necessità di ridiscutere l'intera questione; vorrebbe rivolgere qualche osservazione alle tesi esposte da Parri nel suo interessante articolo del 28 settembre: d'accordo con lui che sia più facile (o meno difficile) la costituzione di un'Europa unita senza la partecipazione dell'Inghilterra presente, governata dai laburisti, “sinonimo di socialismo nazionale” in antitesi con la relazione Maxwell al congresso di Zurigo. D'accordo con Parri che lo schema di un'Unione europea debba rimanere “il più elastico possibile” ma non tale da consentire “un'Europa unita in forma non-federativa” (come sarebbe potuto avvenire con Hitler o con il Politburò, ma qui sta la contraddizione, la confusione di idee se da un lato si propugna un'Europa unita e dall'altro si respinge l'unione imperativa di tipo hitleriano o moscovita, non scevra “di una particolare libidine di potere”: centralismo, dirigismo, controllo economico, applicato tanto su scala nazionale quanto su quella internazionale, portano, per logica, alla soppressione delle libertà individuali dei cittadini, della nazione, di un impero, anche se esso si chiama, come in URSS, federazione).