Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     “Come mettere insieme lira e franco sin quando dell'una e dell'altro resti ignota la statura? Ma basterebbe a marciare insieme la raggiunta stabilità e convertibilità delle monete? No, se quest'ultima non si fondasse su una sufficiente omogeneizzazione delle rispettive strutture nazionali dei prezzi.
     “Torniamo allora alla proposizione precedente. Una unione economica è seriamente operabile solo in una fase di ordine economico e di stabilità. Poniamo nel 1950-51, se le rose Marshall fioriranno.
     “Ma basterebbe? Credo di sfondar porte spalancate affermando che una simbiosi economica, come quella che si cela sotto questa anodina etichetta dell'unione doganale, presuppone una intesa più lata più profonda: una maturità di consapevolezza nella opinione pubblica dei due paesi conclusa – od entro certi limiti forzata – da una valida ragione di unità politica. Superfluo richiamare i precedenti, a cominciare dallo Zolverein; e non fa testo l'esempio del Benelux, frutto di particolari condizioni e di lunga preparazione. Quando saremo a questo punto per la Francia? E quando la Francia sarà matura per una base di trattative di piena parità? E quando accetterà di spalancare all'Italia con questo spirito il suo impero? Ci vorranno ancora legnate grosse o minacce mortali.
     “Non sconfiniamo nel futuro. La sorte e l'avvenire della Germania sono al centro del problema europeo; ed in particolare lo sviluppo le forme di gestione ed il controllo dell'industria pesante del bacino Ruhr-Reno. Su qual base trattiamo con la Francia? I nostri interessi ed i suoi coincidono o sopportano una mediazione? Gli organi economici del governo hanno studiato questo problema? Abbiamo su di esso un nostro punto di vista, una nostra politica?