Carlo Piola Caselli
Il taccuino di Ferruccio Parri sull'Europa (1948 – 1954)


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     Nella risposta, Parri è andato ben oltre alle sollecitazioni create dalla domanda dell'editorialista, il quale gli chiede se non potrebbe esser opportuna una posizione neutralista. “Eh no!” una neutralità sarebbe impotenza assoluta, “metterci mani e piedi legati nelle mani dei grossi che ci agguanteranno per primi”.
     Per estrinsecare il suo realistico pensiero, possiamo volgere lo sguardo a due sue veline, senza titolo, ma recanti il suo nome in calce, “E' mia impressione che discorrendo del movimento per l'unificazione federale dell'Europa occorra prima di tutto sgomberare equivoci e malintesi che possono ostacolare la chiara comprensione del suo carattere e dei suoi scopi. Questa insegna non vuol riunire intorno a sé predicatori della fratellanza umana né utopisti della Città del Sole, né chi pretenda esorcizzare le furie e lo spettro della guerra con patetiche invocazioni alla pace universale.
     “Tanto meno può esser la casa di umanitari a 'double face' che intendano con la generica propaganda della pace mimetizzare gli interessi particolari e dilatori dei grandi che si contendono il dominio del mondo, contrari dunque ad ogni possibile organizzazione di libera volontà e di scelte autonome.
     “Non irridiamo ai movimenti ed ai progetti che postulano una unità federativa di governo mondiale. Ma poiché li riteniamo fuori del campo della realizzazione in un prevedibile avvenire, essi non ci interessano.
     “Non è il nostro lavoro. Esso si propone a suo obiettivo, la risoluzione di problemi politici in atto. Esso punta sul più importante, sul più urgente dei problemi politici: il problema della libertà e della pace, cioè della nostra salvezza, nei suoi termini concreti ed attuali, internazionali e nazionali, politici ed economici. E' nella convinzione di tutti, anche se ancora penetrata ed operante nella coscienza dei popoli, che in questa drammatica congiuntura internazionale, in questa fragile Europa, campo cruciale della contesa, isolati e perciò deboli, siamo fatalmente destinati ad essere schiacciati od asserviti.